Cos’è l’umeboshi
L’umeboshi è un ingrediente tradizionale giapponese a base di prugne fermentate, foglie di shiso e sale. Letteralmente la parola umeboshi significa prugna essiccata, tuttavia il frutto in questione, figlio del Prunus Mume è un ibrido tra la prugna e l’albicocca. La pianta, originaria della Cina, è stata coltivata sin da tempi antichissimi anche in Corea, in Giappone ed in Vietnam.
Ai nostri occhi l’umeboshi è proprio carina e deliziosa: tondeggiante, con un colore che va dal rosa al rosso scuro, morbida, salata&acidula, con un nocciolo che ci piace tenere in bocca per ore.
La storia dell’umeboshi
Come spesso accade per molti ingredienti giapponesi anche la storia dell’umeboshi ha inizio in Cina. Una teoria fa leva sul ritrovamento di una prugna affumicata ed essiccata (ubai) all’interno di una tomba di 2000 anni fa. Ancora oggi la medicina tradizionale cinese considera l’ubai come uno dei rimedi per nausea, febbre e tosse.
Nel periodo Heian (794-1185 d.C.) i giapponesi iniziarono a produrre umeboshi e a consumarle quotidianamente, per le qualità nutrizionali e terapeutiche. Nel più antico testo di medicina giapponese, risalente a circa 1000 anni fa, compare l’umeboshi quale toccasana per prevenire la fatica, purificare l’acqua, curare l’avvelenamento e la diarrea. Non è un caso che durante il periodo Muromachi (1336 – 1573 d.C), che vide il Giappone diviso dalle guerre, l’umeboshi fosse parte integrante del pasto di ogni samurai.
Oggi esistono più di venti tipologie di ume commestibili in Giappone, tuttavia la più pregiata è la Nanko-ume coltivata e prodotta nella prefettura di Wakayama. Nel cuore della regione si trova anche il villaggio di Ryujin, noto per avere i più anziani produttori di umeboshi dell’isola, che ancora utilizzano i metodi artigianali e tradizionali.
Come si preparano le umeboshi
Tradizionalmente la preparazione delle prugne umeboshi inizia con il raccolto, intorno alla fine di Giugno. I frutti del Prunus Mume vengono selezionati attentamente quando sono ancora verdi e il loro succo risulta essere al massimo dell’acidità. Questi fattori garantiranno l’inimitabile asprezza. Successivamente le prugne vengono lavate e messe ammollo per una notte, per eliminare ogni traccia d’amaro. Il giorno successivo si posizionano, uno strato alla volta, in grandi tini insieme al sale. La percentuale di quest’ultimo è solitamente del 12% ma in passato arrivava anche al 25%. Il santo sale marino inizia immediatamente a tirare fuori il succo dalle prugne, coperte da un tappo e relativo peso che esercitano pressione, facendo in modo che il frutto sia sommerso dal liquido. Inizia il processo di lattofermentazione, uno dei più antichi metodi di conservazione, che dura circa un mese.
Successivamente le prugne vengono rimosse dai tini e messe ad essiccare all’aperto per circa 7 giorni (a seconda del meteo). Siamo a metà del percorso e le nostre umeboshi non hanno ancora quell’incredibile colore rosso che tanto le rappresenta. Entra adesso in gioco lo shiso (Perilla frutescens), le cui foglie si aggiungono a prugne e acidulato, ottenuto dalla precedente fermentazione, per cinque giorni. Le umeboshi vengono quindi rimosse dal liquido e lasciate ad invecchiare in dei tini almeno un anno. Ciò che avanza della salamoia viene poi imbottigliato e venduto come acidulato di umeboshi: un condimento giapponese unico e delizioso.
Proprietà nutrizionali e terapeutiche
La prugna umeboshi è una preziosa fonte di minerali quali calcio, ferro, fosforo e potassio. Inoltre l’alta concentrazione di acido citrico favorisce l’assorbimento degli stessi ad opera dell’intestino, grande mossa visto che spesso le carenze sono dovute proprio alla non assimilazione dei nutrienti piuttosto che al poco consumo. L’equazione intestino felice e in forma=assimilazione di tutto ciò che ci serve dovrebbe essere un mantra, piuttosto che la mera ingestione di ogni tipo di integratore. Presenti all’appello anche la vitamina A e B1, che supporta il sistema nervoso.
Non solo, l’umeboshi è considerato da sempre un rimedio popolare in Giappone. Consigliato in caso di fatica, spossatezza, nausea, insonnia. Stimola le funzioni epatiche ed aiuta a metabolizzare l’alcool, non a caso ve lo raccomandiamo per superare un brutto hangover (postumi da sbornia). Amico fidato in caso di anemia, aiuta ad assorbire il ferro presente negli alimenti. Consumato con costanza aiuta a mantenere felice e in salute l’apparato gastrointestinale, alleviando fastidi quali il reflusso, l’aria nel pancino e la cattiva digestione. Non ci vogliamo dilungare in complimenti, che, in caso gli farai autonomamente dopo l’uso: aggiungiamo solo che l’umeboshi è un potente anti infiammatorio, anti batterico e anti microbico.
Di base l’umeboshi possiede un livello di acidità talmente alto che produce un paradossale effetto alcalinizzante sul corpo. C’è chi lo paragona a una doccia fredda, a una botta in testa, all’equivalente di una doppia aspirina + la mela al giorno che toglie il medico di torno. Noi amiamo equipararla allo “Spegni e riaccedi” che gli informatici consigliano di fare sempre al pc, per risolvere un problema tecnico. Ecco, il nostro corpo è il pc e l’umeboshi opera il reset. Senza controindicazioni di sorta, non si tratta di un medicinale. Alla peggio riaccendi e stai come prima, ma non ci è mai successo: dopo aver ciucciato una salata, piccante, viva umeboshi noi siam sempre stati meglio!
Acidulato e pasta di umeboshi
Oltre alla magnifica prugna umeboshi, comprensiva di nocciolo, puoi trovare in commercio anche l’acidulato e la pasta di umeboshi. Il primo è il liquido secreto durante la fermentazione lattica, successivamente unito allo shiso e utilizzato per marinare le prugne post essiccazione. L’acidulato di umeboshi è un condimento unico dal colore intenso. Molto versatile in cucina, te ne accorgerai fin dal primo utilizzo.
La seconda non è nient’altro che comoda purea di prugne umeboshi, pronta all’uso. Si presta meglio per determinate ricette perché puoi aggiungerla con facilità, senza dover pensare a togliere il nocciolo.
Tuttavia anche quest’ultimo ha le sue peculiarità, quindi se devi scegliere con cosa cominciare, la prima volta consuma una prugna umeboshi originale, nella sua interezza!
Menzioniamo anche un altro prodotto, comodo e efficace, le pastiglie di umeboshi. Perfette da avere a portata di mano durante i viaggi o pronte all’uso in borsa. Un rimedio naturale, senza controindicazioni, per nausea, stanchezza e mal d’auto.
Ume e Umeshu
Le ume, in Giappone, sono impiegate per altre preparazioni oltre all’umeboshi. Due di queste meritano una menzione speciale. La prima è l’ume bainiku ekisu, l’estratto concentrato di polpa di prugna, che si ottiene cuocendo lentamente il succo estratto dai frutti. Si tratta di una sostanza liquida, appiccicosa, di colore scuro ampiamente utilizzata come tonico. Non contiene sale e il livello di acido citrico è molto concentrato. Un toccasana per tutto il corpo, ampiamente utilizzato come antinfiammatorio e digestivo. L’ume si utilizza in piccolissime quantità, disciolto in acqua calda con miele o malto.
L’umeshu è un liquore giapponese a base di prugne ume macerate nell’alcool, o sake, con aggiunta di zucchero di canna. Ha un sapore dolce e lievemente aspro e una gradazione che va dai 10° ai 15°. Un classico che ancora molte famiglie si autoproducono, come noi facciamo col nocino. Può essere bevuto in purezza, on the rocks (con ghiaccio) o abbinato a soda e acqua tonica. Se si desidera utilizzarlo nei cocktail può essere sostituito al vermouth (bianco o rosso) in alcune preparazioni. Delizioso!
Come utilizzare l’umeboshi in cucina
Eccoci al dunque. Sei lì, con tra le mani la tua prima umeboshi e ti stai chiedendo “E adesso?”. Bene, non demordere. L’umeboshi, intero o in purea, e l’acidulato, sono ingredienti estremamente versatili che donano sapore e freschezza a insalate, verdure e salse di ogni tipo! In Giappone vengono spesso servite con del semplice riso bianco, avvolte in un temaki (cono di alga nori ripieno) oppure racchiuse in un onigiri (triangolino di riso).
Noi lo adoriamo nei dressing assieme al tahini, spalmato al posto del burro sulla pannocchie, sulle foglie di cavolo a vapore. Non sappiamo dirvi esattamente perché ma il sapore dell’umeboshi va a nozze con il cavolo, cappuccio, verza, napa, nero, qualsiasi tipo di cavolo.
Se utilizzi il pomodoro, neutralizzane l’acidità con una dose di polpa o purea e dimentica la classica aggiuntina di zucchero. Abbinala a del tè bancha, come da secoli fanno i monaci zen, ottenendo una bevanda alcalinizzante e mineralizzante. In alternativa puoi sciogliere una prugna in una bottiglia d’acqua quando fai sport, aumenta infatti la resistenza grazie alla capacità di scomporre velocemente l’acido lattico.
Puoi familiazzare con l’acidulato sostituendolo nelle ricette al posto dell’aceto, ci raccomandiamo solo di diminuire sempre le dosi indicate visto che è più salato.
Non buttare le foglie di shiso che trovi nel barattolo ma utilizzale per condire riso o verdure. Per quanto riguarda i noccioli puoi tenerli in bocca 2-3 ore in caso di mal di gola, classico trucchetto del Sol Levante.
All’inizio potrà sembrarti un gusto strano, ma vedrai che appena presa la mano questo ingrediente non abbandonerà più la tua cucina.
La prugna umeboshi è ampiamente utilizzata anche nei rimedi macrobiotici, in questo libro puoi trovare maggiori informazioni.
Macrobiotica e umeboshi
La macrobiotica venera l’umeboshi come perfetta sintesi di yin (il frutto, l’ume) e yang (il sale il tempo, la pressione e l’essiccazione).
L’utilizzo di umeboshi è ampiamente consigliato tranne in casi di ipertensione o pressione alta, dove si può sostituire con il fratello Ume (bainiku ekisu), ricco di proprietà ma privo di sale. Di conseguenza non ti esaltare e, macrobiotica o non macrobiotica, utilizza l’umeboshi spesso ma in piccole quantità. Non vale la regola “Fa bene allora abbondo” con questa prugna magica.
Come conservarlo?
Puoi conservare le umeboshi in un luogo fresco e asciutto, al riparo dalla luce. Vista l’alta percentuale di sale non necessita di frigorifero. Potete anche tenerne qualcuna pronta all’uso in un vasetto, accuratamente pulito, in borsa. Le stesse indicazioni valgono anche per l’acidulato e la pasta di umeboshi.
Ovvio che se per qualche ragione il frigo ti fa sentire più tranquillo puoi conservarle anche lì, non degrada le qualità organolettiche dell’alimento ecco.
Quale acquistare
Nonostante i produttori di umeboshi in Giappone siano numerosi, sono molto rari quelli che ancora utilizzano il metodo tradizionale descritto nel paragrafo sopra. Ancora più rari quelli che scelgono la materia prima biologica e il sale di qualità. Quindi, come sempre, occhio alle etichette! Potreste incappare in prugne umeboshi tinte con coloranti alimentari, fatte in poche settimane, con l’aggiunta di acidi organici (tanto care agli asian store). Tutto regolare invece se negli ingredienti trovi: prugne e foglie di shiso biologiche e sale.
Qui i nostri consigli d’acquisto:
Avvicinarsi all’umeboshi
Una riflessione sulla prugna umeboshi a cura di nonna Elsa Nityama Masetti
Avvicinarsi all’umeboshi, al suo aspetto, al suo sapore, al suo colore è avvicinarsi al mistero della vita, al suo venire alla manifestazione, nella forma.
Dopo anni che ne godevo il gusto particolare, in cucina e in bevande tonificanti, altamente antiossidanti, l’intuizione mi ha svelato che quando nasciamo, assomigliamo un po’ a un umeboshi. Usciamo da una marinatura delicata e persistente, grinzosetti e, non di rado, imporporati come se, salati a dovere, fossimo stati avvolti in una grande foglia di shiso.
Se il processo del gomasio riporta al congiungersi, il brodo di miso alla brodaglia marina che ci forma, ecco che veniamo alla vita come umeboshi, alcalini e spiegazzati.
Per simpatia, per alchimia l’umeboshi perpetua la vita, sostiene il suo processo nel dispiegarsi alla luce. Energie simili danno luogo a forme simili. Se il gheriglio di noce nutre il cervello è perché vi assomiglia. Allo stesso modo l’umeboshi sostiene l’informazione originaria del venire alla vita, rigenerando in noi il suo codice aspro-salato, con una base fruttata.Il suo sapore da solo, genera una sorta di risveglio, un guizzo. La vita, che si rinnova.